RINUNCIA ALLA CITTADINANZA

RINUNCIA ALLA CITTADINANZA

[412] LA RINUNCIA ALLA CITTADINANZA

Nel giugno del 1891, il prevosto di Montebello, don Giuseppe Capovin, fu convocato dall’Ufficiale di Anagrafe nelle stanze del Comune per delle importanti comunicazioni. In quella sede urgeva infatti il suo aiuto di esperto studioso per confermare la correttezza della traduzione di un documento redatto in lingua latina spedito al Sindaco dal governo ungherese.
PerchΓ© proprio in latino? Per la ragione che la quel tempo, come tutt’oggi del resto, la lingua ungherese era poco conosciuta in Italia al pari dell’italiano in terra magiara. Pertanto le autoritΓ  ungheresi si avvalsero dell’ausilio di un traduttore presente nel loro Ministero degli Interni di Budapest, tale Alexander Popovic che evidentemente conosceva il latino, lingua certamente non piΓΉ usata nei documenti civili, come un tempo, ma ancora ben utilizzata nell’ambito religioso.
Non era pertanto un antico carteggio, come pensava il prevosto Capovin, ma una semplice richiesta redatta proprio quell’anno dal governo ungherese che invitava il Comune a voler prender nota della rinuncia alla cittadinanza italiana di tale Ernesto Tirapelle del fu Giulio con residenza montebellana.
Da qualche anno, Ernesto Tirapelle si trovava in territorio austro-ungarico a Fiume (Rijeka) al servizio di un alto ufficiale magiaro e qui nel 1889 aveva espresso l’intenzione di ottenere la stessa cittadinanza del padrone. Essendo nato nel 1850 a Terrossa di RoncΓ , aveva quindi 16 anni quando gli austriaci lasciarono l’Italia riunita e governata dalla casa Savoia. È probabile che a Montebello, suo nuovo domicilio, avesse avuto modo di conoscere qualche futuro suo concittadino ungherese.
Dai documenti che Ernesto Tirapelle dovette produrre si apprende che, ancora nel dicembre 1886, aveva dovuto rinnovare od ottenere un nuovo passaporto italiano. Pochi anni prima si era sposato, forse nel 1879, sicuramente non a Montebello, poichΓ© i registri anagrafici non contemplano nΓ© il suo nome nΓ© la nascita dei suoi tre figli. Dai dati riportati nel citato passaporto si sa che la moglie Maria Raisel era nata nel 1848 e che gli aveva dato tre figli: Olga-Milka nel 1881, Zlata-Margherita nel 1882 ed infine Antonio nel 1885.
I nomi soprassegnati, eccetto Antonio, sono di chiara origine slava, se non ungherese, e fanno supporre che il matrimonio e le nascite dei figli siano avvenuti nella cittΓ  istriana-croata.
Fu cosΓ¬ che Ernesto Tirapelle, la moglie e i figli entrarono nel novero dei cittadini del β€œRegno Ungarico”.
In quel periodo non era stato l’unico montebellano ad aver cercato fortuna nelle bellissime localitΓ  della costa istriana e croata (fino al 1914 la comunitΓ  italiana, per lo piΓΉ veneta e friulana, che emigrΓ² in Istria raggiunse il numero di 50.000). Nel 1893 arrivΓ² al Comune di Montebello una tardiva comunicazione, sempre in latino, proveniente dal distretto di Rovigno, allora Diocesi di Parenzo e del Litorale di Pola (il Litorale si estendeva dalla valle del fiume Isonzo a nord fino alla penisola istriana, a sud con le cittΓ  di Trieste, Gorizia e Pola. Il nome Litorale della regione fu sostituito ben presto dalla nuova denominazione Friuli Venezia-Giulia. Invece La cittΓ  di Fiume, seppure confinante con la penisola istriana, apparteneva alla Croazia ungherese ( n.d.r.).
Con questa missiva il prevosto nonchΓ© parroco di Rovigno, don Luigi Madolin, informΓ² l’Anagrafe montebellana, rigorosamente in latino, seppur tardivamente, che il 4 gennaio 1886 nella casa al numero 550 era deceduta per crisi cardiaca, munita dei S.S. sacramenti, Guerrina moglie di Antonio D’Andrea del fu Cipriano, operaio di 26 anni, domiciliato a Montebello. Le esequie furono celebrate nel duomo di sant’Eufemia il giorno dell’Epifania dal citato prevosto don Luigi Madolin.
Anche della famiglia D’Andrea non ci sono documenti che comprovino la sua residenza a Montebello che deve essere stata breve e forse l’ultima, in ordine di tempo, prima di emigrare verso l’Istria.
Un’altra famiglia montebellana, residente a Pola in quel tempo, era quella di Pietro Perin che evidentemente aveva tutta l’intenzione di ritornare in patria dal momento che nel 1883 volle comunicare all’anagrafe del suo paese di origine la nascita del figlio Giovanni Matteo avvenuta nel 1880 (anche le morti venivano notificate per lo stesso motivo). La madre del bambino era Francisca Brunich da Pisino (Istria) che Pietro Perin deve aver sposato non appena emigrato in quella terra. Anche tutti questi dati riportati nella lettera furono stilati in latino e poi tradotti.
Proprio nel paese di Pisino venne alla luce, nel 1881, Federico Tessari, figlio del montebellano Francesco e di Giuseppina Francovich. Il cognome della madre ne rivela, senza ombra di dubbio, l’origine istriana o croata. Due anni prima, a Pola, Giuseppina Francovich aveva dato alla luce un altro maschietto battezzato con il nome Lino. Un terzo bambino, Natale, venuto al mondo nel 1883, scomparve giovanissimo.
Ma quali prospettive di lavoro poteva offrire l’Istria in quel periodo di bibliche emigrazioni, considerato che nella parte interna della penisola veniva esercitata un’agricoltura di sussistenza e che in quella costiera si viveva di pesca e di piccoli commerci marittimi? Praticamente nessuna.
Pola invece, rappresentava una parte a sΓ© stante per la presenza della principale base della marina austriaca, sia militare che civile, con le potenzialitΓ  occupazionali legate alla presenza di molti soldati, della flotta, dell’arsenale con i suoi impianti meccanici e cantieristici e l’edilizia in grande sviluppo.
CosΓ¬ la facilitΓ  sia burocratica che pratica di accesso a questo territorio da parte degli emigranti ne costituΓ¬ una meta ambita per alcuni, facendola preferire alle piΓΉ ricche terre delle Americhe e ad altri stati europei. (a questo proposito basta leggere la conclusione in grassetto dell’articolo per capire quanto, a volte, fosse difficile recarsi all’estero).

Ottorino Gianesato

Le condizioni e le AVVERTENZE per emigrare nei vari stati scritte a stampa in un documento di fine ottocento e ristampato e modificato nel 1902, per quel che riguardava gli Stati Uniti d’America, erano categoriche:

Β Β β€œgli italiani che emigrano agli Stati Uniti dell’America del Nord sono avvertiti che, per le leggi vigenti nell’Unione Γ¨ vietato lo sbarco ai delinquenti, mentecatti, idioti, indigenti, agli individui affetti da mali ributtanti o contagiosi, nonchΓ© a coloro che si rechino a lavorare negli Stati Uniti in forza di contratto stipulato all’estero. Qualora un immigrante cosΓ¬ vincolato riesca a sbarcare e, nel termine di un anno sia scoperto e convinto di aver contravvenuto alla legge, Γ¨ soggetto ad espulsione dal territorio della Repubblica. Le spese del di lui viaggio di ritorno sono poste a carico del proprietario della nave che lo trasportò”.

Umberto Ravagnani

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