[413] LA CASA DEL FASCIO A MONTEBELLO
Fulcro della vita fascista
Nel periodo che seguΓ¬ la marcia su Roma del 1922, lβItalia visse una trasformazione profonda, non solo politica, ma anche sociale e culturale. Benito Mussolini, leader del Partito Fascista, consolidΓ² gradualmente il proprio potere fino a diventare un dittatore, e la sua visione per il Paese divenne chiara: un’Italia potente, unificata e militarizzata, pronta a conquistare un posto di rilievo tra le grandi potenze mondiali. Al centro di questo progetto c’era l’educazione delle nuove generazioni, che dovevano essere plasmate fin dallβinfanzia secondo i principi della disciplina, dellβobbedienza e del patriottismo, tutto sotto lβegida del regime fascista.
Per Mussolini, la gioventΓΉ rappresentava la chiave per assicurare il futuro del fascismo. Lβobiettivo del regime era semplice ma ambizioso: creare una generazione di italiani pronti a combattere per la gloria dellβItalia e per la creazione di un nuovo impero. Non si trattava soltanto di educare i giovani nei valori della patria, ma di trasformarli in veri e propri soldati. Per raggiungere questo scopo, il regime creΓ² una rete di organizzazioni giovanili rigorosamente controllate dallo Stato.
Tra le principali associazioni fasciste troviamo i Figli della Lupa (per i bambini dai 6 agli 8 anni), i Balilla (dai 8 ai 14 anni), le Piccole Italiane per le ragazze, gli Avanguardisti e le Giovani Italiane (fino ai 18 anni) e infine i Giovani Fascisti, che comprendevano i giovani adulti giΓ prossimi alla chiamata militare. Lβadesione a queste organizzazioni non era una semplice opzione, ma un obbligo che scandiva la vita di tutti i ragazzi italiani. Ognuno di loro indossava una divisa specifica per la propria etΓ e grado, e partecipava regolarmente a manifestazioni pubbliche, esercitazioni fisiche e lezioni di dottrina fascista.
Anche nelle piccole realtΓ locali, come Montebello, il Partito Fascista istituΓ¬ la Casa del Fascio, un luogo che rappresentava il centro operativo del regime nella comunitΓ . Questo edificio non era solo la sede del partito, ma anche un vero e proprio spazio di educazione e addestramento per la gioventΓΉ. A Montebello, il regime scelse un elegante edificio in via Marconi, ora noto come Villa Zoninβ, acquistato dall’amministrazione comunale e trasformato in una scuola di cultura fascista e in un luogo di esercitazioni premilitari.
Qui, il segretario del partito fascista locale era responsabile delle varie organizzazioni, gestendo gruppi di giovani suddivisi per etΓ e sesso, come i Balilla, le Piccole Italiane e gli Avanguardisti. Ogni sabato pomeriggio, le giovani reclute dovevano presentarsi nella Casa del Fascio per seguire un rigido programma di formazione: imparavano a marciare secondo il passo romano, maneggiavano armi come il moschetto e si impegnavano in intense attivitΓ sportive, tutte finalizzate a sviluppare forza fisica e disciplina militare. Il sabato fascista era un rituale immancabile, che scandiva il tempo della settimana e il senso di appartenenza al partito.
Ma la Casa del Fascio non era solo un luogo di rigida disciplina. Il regime sapeva bene che per coinvolgere la gioventΓΉ, oltre all’indottrinamento, era necessario offrire momenti di svago. Per questo, questi edifici diventavano anche centri di intrattenimento, con gare sportive, partite di calcio, spettacoli e serate danzanti. I giovani di Montebello non solo venivano educati ai valori fascisti, ma trovavano anche opportunitΓ di socializzazione e divertimento, sempre perΓ² sotto lo sguardo vigile del partito.
Mentre il regime cercava di monopolizzare lβeducazione e la formazione della gioventΓΉ, la Chiesa cattolica rappresentava unβimportante forza alternativa. Gli oratori, sparsi per tutto il territorio italiano, costituivano un punto di riferimento per la gioventΓΉ e proponevano unβeducazione fondata su valori religiosi e morali, in netta contrapposizione con lβetica violenta e militarista promossa dal fascismo. Tra le associazioni cattoliche piΓΉ diffuse cβerano gli Esploratori, un gruppo che si ispirava al movimento scout, e che il fascismo percepiva come una minaccia, considerandolo unβorganizzazione paramilitare al di fuori del controllo statale.
La tensione tra fascismo e Chiesa culminΓ² nel 1931, quando il regime emanΓ² un ordine per sciogliere tutte le associazioni cattoliche giovanili. Questo decreto rappresentΓ² un attacco diretto allβautoritΓ della Chiesa in un ambito, quello educativo, che essa aveva tradizionalmente gestito con grande influenza. In diverse cittΓ e paesi italiani, tra cui Montebello, bande di fascisti fecero irruzione nelle sedi dei Circoli Cattolici, sequestrando libri, registri e oggetti religiosi. In alcuni casi, vennero perfino profanati ritratti di santi e simboli sacri, alimentando una profonda indignazione tra la popolazione.
Lβepisodio di Montebello Γ¨ emblematico della violenza e del controllo che il fascismo cercava di esercitare anche nelle piccole comunitΓ . Il 9 maggio 1931, un vicecommissario della pubblica sicurezza, accompagnato da militi fascisti e carabinieri, fece irruzione nella sede dellβOratorio parrocchiale. Qui dichiarΓ² sciolti i circoli giovanili cattolici, sequestrΓ² tutta la documentazione e asportΓ² ogni mobile presente, sigillando le sale dellβoratorio, compresa la cappellina. Questo gesto, brutale e intimidatorio, era volto a dimostrare la superioritΓ del regime e a mettere fine a qualsiasi forma di opposizione, anche se nascosta dietro lβapparente neutralitΓ della fede religiosa.
Nonostante la repressione, il Partito Fascista capΓ¬ ben presto di aver commesso un errore strategico. Il conflitto con la Chiesa cattolica rischiava di alienare una parte importante della popolazione, profondamente legata alla religione. La Chiesa, infatti, non era solo unβistituzione spirituale, ma anche un potente attore sociale, con unβinfluenza capillare in tutto il paese. La reazione del Vaticano e delle comunitΓ cattoliche fu dura e decisa, e Mussolini, pragmatico come sempre, si rese conto che non poteva permettersi un conflitto aperto con la Chiesa.
Così, nel settembre dello stesso anno, il regime fascista fece marcia indietro: venne autorizzato il ripristino delle associazioni giovanili cattoliche, una concessione necessaria per evitare uno scontro più profondo con il Vaticano. Questo episodio segnò un momento di tregua tra il fascismo e la Chiesa cattolica, che sarebbe stato formalizzato qualche anno più tardi con la firma dei Patti Lateranensi del 1929. Questi accordi riconoscevano ufficialmente il cattolicesimo come religione di Stato e garantivano alla Chiesa una significativa autonomia, mettendo fine a un lungo periodo di tensioni tra Stato e Chiesa in Italia.
Il tentativo del fascismo di controllare lβeducazione della gioventΓΉ italiana ebbe un impatto profondo. Le Case del Fascio, come quella di Montebello, divennero simboli del potere totalitario, spazi dove i giovani venivano plasmati fisicamente e ideologicamente per servire il regime. Tuttavia, la rivalitΓ con la Chiesa cattolica dimostrΓ² che non era possibile controllare completamente la mente e il cuore degli italiani, soprattutto nelle comunitΓ piΓΉ radicate nella tradizione religiosa.
Il fascismo, pur potente e aggressivo, dovette fare i conti con una resistenza silenziosa che si esprimeva nelle famiglie e nelle parrocchie. La fede cattolica, con i suoi valori morali e la sua influenza, rappresentΓ² una forma di opposizione morale al progetto totalitario del regime, unβopposizione che, nonostante le repressioni, riuscΓ¬ a sopravvivere e a mantenere viva una diversa idea di comunitΓ e di educazione.
Umberto Ravagnani
FOTO: La casa del fascio a Montebello Vicentino (foto Umberto Ravagnani).
NOTA: β Si tratta di un edificio con la caratteristica tipica della villa padronale, costruita tra Ottocento e primo Novecento.
BIBLIOGRAFIA: R.Schiavo, “Montebello Vicentino – Storia e Arte“, Publigrafica Editrice, 1992.
A.Maggio – L.Mistrorigo, “Montebello Novecento“, 1997.
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