IL MORBO ASIATICO

IL MORBO ASIATICO

[409] IL MORBO ASIATICO

Con una ordinanza del 10 agosto 1886 il sindaco di Montebello Vicentino, Luigi Baldisserotto, stabilì:
β€œPer misure precauzionali si ordina che la tumulazione venga eseguita alle ore 2 antimeridiane di domani 11 agosto senza seguito e per la via argine del Chiampo”.
Praticamente per evitare di percorrere il centro del paese.
Il primo cittadino, a malincuore, fu costretto a predisporre queste linee guida per la sepoltura di Domenica Pajusco di anni 66, deceduta a causa del colera, abitante al civico numero 528. (i numeri civici oltre il 500 contrassegnavano le abitazioni situate nel Borgo, contrΓ  Ronchi, Vanzo, Gambero, cΓ  Sordis, Frigon, ossia principalmente in quelle alla sinistra del torrente Chiampo).
Tra l’altro un’altra ordinanza in vigore in tutti comuni sanciva: β€œil cadavere dovrΓ  essere deposto in cassa intonacata di pece e sotterrato senza cerimonia religiosa dopo 12 ore”. Pertanto per evitare il propagarsi del contagio gli sfortunati che erano stati vittime del morbo lasciavano in piena notte questo mondo senza il minimo conforto umano.
Il 1886, soprattutto per l’ovest vicentino, fu un vero β€œannus horribilis”. Dopo esattamente cinquant’anni si ripresentava il colera meglio conosciuto come morbo asiatico. Fino ai primi decenni dell’ottocento questa terribile malattia era pressochΓ© sconosciuta e inesistente in Europa, finchΓ© gli inglesi, in seguito alla conquista dell’India, nel 1835 portarono in patria ingenti ricchezze, ma purtroppo anche le miserie rappresentate dal contagioso morbo che si diffuse rapidamente nel Vecchio Continente. Nel corso dell’ottocento, oltre all’epidemia del 1835-36, il morbo del colera imperversΓ² nel Veneto nel 1855, nel 1886-1887. Ma quello del quale si parlerΓ  diffusamente piΓΉ avanti, si verificΓ² nel 1886 ed ebbe, come si leggerΓ , implicazioni economiche e sociali vastissime.
Lo storico Bruno Munaretto ci informa che nella prima grande e mortifera epidemia del 1836, a Montebello i decessi furono più di cento sparsi nel territorio comunale. Nella vicina Montecchio Maggiore furono più di 130, concentrati nella parrocchia di San Pietro e cioè Fontana di Ferro, via Madonnetta, via Verzellina e altre.
Il periodo piΓΉ letale dell’anno fu quello compreso tra la fine di giugno e i primi giorni di settembre, circa 70 giorni, arco di tempo in cui imperversavano anche altre gravi malattie come il tifo ed il vaiolo, complici la penuria, se non la totale mancanza di acqua potabile nei pozzi, e le precarie condizioni igieniche.
Prendendo in considerazione le situazioni dei comuni di Montebello, Brendola e Montecchio Maggiore ed a seguire anche di Lonigo, si legge che il primo decesso del 1886 si verificΓ² a Montecchio il 27 giugno nella frazione collinare di san Urbano, e in seguito l’epidemia si propagΓ² nelle vicine localitΓ  Bernuffi, Valbona, Bastia, Rio Secco. In altura quindi, a differenza del contagio del 1836 che colpΓ¬ principalmente la parte pianeggiante a sud del comune ai piedi della collina dei castelli.
Scendendo da sant’Urbano la malattia si propagΓ² in seguito nelle contrade della Valle, a san Vitale, e poi fino al centro del paese mietendo in totale 87 vittime.
A Montebello, le colline di Agugliana e Selva, a differenza di quelle di Montecchio, furono miracolosamente risparmiate dalla grave malattia, molto presente tuttavia nelle zone esterne al centro storico.
Unica vittima di Agugliana accertata, fu tale Domenico Dibello, settantaduenne celibe, di condizione mendicante che forse si era contagiato proprio durante il suo girovagare per elemosinare un pezzo di pane. Comunque a Montebello si ebbe la prima morte di colera solo il 13 luglio, e cioΓ¨ quella di Domenico Gabinato di 56 anni abitante nelle campagne presso la ferrovia. Alla fine del contagio Montebello contΓ² oltre 30 decessi, molti meno di quelli del 1836, forse grazie anche alle precauzioni e alle misure messe in atto. Non andΓ² altrettanto bene alla vicina Brendola che, pur contando solo mille abitanti meno di Montebello, alla fine pianse la scomparsa di ben 97 paesani, il primo l’8 luglio. Comunque i casi mortali di colera furono ovunque senz’altro maggiori poichΓ© alcune cause di decesso, diverse dal colera segnate nei verbali dai medici del comune, erano perΓ² riconducibili a questo morbo.
Nell’intera provincia di Vicenza le perdite causate dal colera sfiorarono le 2000 unitΓ  (991 uomini e 937 donne) pari al 46% dei colpiti. Vicenza cittΓ  contribuΓ¬ a queste tristi cifre con 343 vittime su una popolazione di circa 39.000 abitanti. Di Lonigo mancano i verbali di morte e pertanto risulta complicato stilare delle cifre. Incrociando i dati degli indici decennali nel 1886, Lonigo risulta avere avuto almeno 150 decessi in piΓΉ rispetto alla media del periodo 1881-1891 che dovrebbero essere attribuiti al morbo in questione. Questi su una popolazione che sfiorava i 10.000 abitanti.
Appare perciΓ² evidente che lungo l’asse Vicenza – Lonigo il colera imperversΓ² piΓΉ che in altri comuni del vicentino. I popolosi paese di Thiene e Dueville, per esempio, ebbero complessivamente β€œsolo” 18 casi letali.
Ma quel che Γ¨ peggio l’epidemia di colera del 1886, infierendo soprattutto sui ceti piΓΉ poveri dei contadini e degli operai, non fece altro che aggravare la situazione migratoria di tutto il Veneto.
Nei due anni successivi si registrΓ² il massimo storico dell’emigrazione dell’ottocento: da Vicenza 11266 persone emigrarono definitivamente, principalmente verso l’America del Sud, e 5876 temporaneamente.

Ottorino Gianesato

NOTA: ⁕ Durante l’epidemia di colera del 1886, Venezia divenne teatro di un esperimento medico rivoluzionario: l’ipodermoclisi. Proposta dal dottor Arnaldo Cantani nel 1865, questa tecnica mirava a salvare vite iniettando soluzioni saline direttamente sotto la pelle per contrastare la disidratazione fulminante e l’aciditΓ  del sangue nei malati di colera. I medici veneziani si affrettarono a perfezionare il metodo, applicandolo ai pazienti in stadio avanzato. In poco tempo, l’epidemia fu sotto controllo. I risultati furono sorprendenti: nonostante la gravitΓ  delle condizioni, molti pazienti critici sopravvissero grazie a questa innovativa terapia. L’ipodermoclisi aprΓ¬ la strada a nuove possibilitΓ  nel trattamento delle emergenze mediche.
IMMAGINE: Il medico italiano Arnaldo Cantani ⁕ che propose per primo una cura contro il morbo asiatico (da Wikipedia).

Umberto Ravagnani

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