Categoria: <span>TUTTE LE ATTIVITÀ 2014</span>

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19 Dicembre 2014:  CARTOLINE CHE RACCONTANO …

 

Piccole storie e immagini della prima metà del ‘900

In una società come la nostra, dove i ritmi frenetici si accavallano a immagini sempre diverse, dove tutto viene comunicato attraverso la TV, i telefonini, internet … i ricordi sbiadiscono velocemente. Sfogliare un album di vecchie cartoline illustrate, accompagnate da piccole storie ambientate a Montebello Vicentino, può essere veramente affascinante.

La proiezione viene condotta da Umberto Ravagnani prendendo spunto dalla sua collezione.

Al termine della serata vi sarà il consueto scambio di auguri di fine anno e, ai soci in regola con il tesseramento 2014, verrà consegnato il libro “Cartoline che raccontano …” di Umberto Ravagnani.

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19 Ottobre 2014:  CHIOGGIA (GITA SOCIALE)

 

CHIOGGIA

Da ritrovamenti archeologici e studi recenti, si può ipotizzare la nascita della città intorno al 2000 a.C. dai Pelasgi, popolo di navigatori originario della Tessaglia, che avrebbero colonizzato numerose città nelle coste Adriatiche. Il nome Chioggia quindi deriverebbe da Cluza, che significa ‘costruita artificialmente’. Certo è che la città fosse già presente in età romana. Ne è prova la struttura tipica del reticolato geometrico che contraddistingue Chioggia, formata da un ‘Cardo’, l’attuale Corso del Popolo, e da un ‘Decumanus’. Chioggia era importante soprattutto per le sue saline. Con l’invasione degli Unni nel 452 d.C. che, comandati da Attila, presero e distrussero Aquileia, Padova, Verona e numerose altre terre della regione numerose famiglie Padovane, Monselicesi e Atestine si trasferirono a Brondolo prima e poi a Chioggia creando quello che sarebbe stato il tessuto sociale principale dei secoli a venire. Chioggia come tutti i centri lagunari divenne dipendenza dell’impero bizantino per confluire poi nel ducato veneziano. Si suddivideva in due centri abitati: Chioggia Maggiore e Chioggia Minore. Le Chioggia Maggiore corrispondeva all’attuale Chioggia all’interno della laguna, mentre la minore corrispondeva pressappoco all’attuale Sottomarina vecchia affacciata sul mare. Chioggia faceva allora parte della diocesi di Malamocco, antica capitale della Repubblica, ma una serie di eventi naturali quali l’abbassamento del suolo, burrasche eccezionali e l’erosione del mare, cancellarono lentamente la città che si spopolò e finì sommersa. Essendo diventata Chioggia la città più importante della diocesi, nel 1110 si decise di spostare la sede vescovile proprio nella città del sale, portando anche le reliquie dei santi martiri Felice e Fortunato, ancora oggi patroni della città. Una pagina importante della storia della città avvenne durante la cosiddetta guerra di Chioggia (rievocata nel Palio della Marciliana), l’ultimo scontro tra Repubblica di Genova e Serenissima Repubblica di Venezia. Nel 1379 la città cadde in mano a Genova, per poi essere riconquistata dall’intervento veneziano nel 1380. Seguì poi le vicende storiche di Venezia.

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5 Ottobre 2014:  VALSANZIBIO (PD) GIARDINI DI VILLA BARBARIGO

 

VALSANZIBIO – GIARDINO DI VILLA BARBARIGO Il giardino contiene ben settanta statue con motti didascalici incisi sul basamento, eseguite da Enrico Merengo, tra cui si ricordano la personificazione del Tempo, Endimione, Argo, Tifeo e Polifemo. Il parco è percorso da sentieri conducono alle fontane (in tutto sedici, tra cui quelle dei Fiumi, di Eolo, dei Venti), al labirinto in bosso, a laghetti, peschiere, ruscelli e giochi d’acqua, alla galleria dei carpini e a piccole costruzioni. Vi sono circa 800 piante, tra cui diverse specie arboree piuttosto rare: in particolare, si contano 24 varietà di conifere, 16 di alberi a foglia perenne, 24 a foglia caduca e altri tipi di arbusti. Il giardino della villa è stato recentemente insignito del premio internazionale “Il più Bel Giardino d’Europa”. La fontana della Pila. L’itinerario, che simboleggia il cammino dell’uomo verso la Salvezza, ha inizio dal monumentale ingresso, un’elegante costruzione su cui spiccano pregevoli bassorilievi e statue, come quella di Diana-luna, la dea della natura e degli animali selvaggi, votata a mutamenti e prodigi. Il percorso prosegue entrando nel giardino, fino a raggiungere l’arco di Sileno, da qui costeggiando la peschiera detta “Bagno di Diana”, la Fontana dell’Iride e la Peschiera dei Venti si giunge al labirinto geometrico, che rinvia ad un episodio legato alla vita di San Gregorio Barbarigo. Questo labirinto in bosso, con un percorso di 1500 metri, rappresenta uno dei più estesi labirinti dell’epoca tuttora esistenti. In prossimità della Fontana della Pila, il cammino continua imboccando a destra il Gran Viale affiancato dall’Isola dei Conigli, una delle rare garenne ancora esistenti, rappresenta l’immanenza, nonché la condizione caratteristica degli esseri viventi racchiusi entro i confini spaziali e temporali. Giustapposta all’isola e al di là del Gran Viale si trova una maestosa statua raffigurante il Tempo, che ha interrotto il suo volo attraverso lo spazio: ciò simboleggia la trascendente condizione dello spirito umano. Procedendo tra statue e fontane che delimitano anche simbolicamente Isola e Tempo si giunge alla scalinata delle Lonze, che richiama i versi dell’Inferno dantesco, contrassegnata dal sonetto che illustra i significati del giardino a livelli diversi. Si perviene così alla meta finale del percorso simbolico, la Fontana della Rivelazione, coronata dalle otto allegorie delle prerogative del giardino stesso e del suo signore. Il giardino si unisce, infine, come in un ideale “continuum naturale”, al Monte Gallo, attraverso un suggestivo filare di cipressi.

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26-27 Luglio 2014:  DINKELSBUHL (FRANCONIA) MANIFESTAZIONE KINDERZECHE

 

Oberammergau (Baviera) Questa cittadina nel sud della regione, non lontana dal castello di Linderhof e dall’abbazia benedettina di Ettal, è una delle attrazioni-cartolina della Baviera e deve la sua fama alle case affrescate, ai suoi intagliatori, alla rappresentazione della Passione di Cristo e alle piste da sci di fondo. Già nel ‘500 si conosceva la bravura degli artigiani di Oberammergau e verso la metà dell’Ottocento venne fondata una scuola che ha istruito diverse generazioni di artisti del legno, alcuni specializzati solo in crocifissi. La Passionsspiele (rappresentazione della passione di Gesù Cristo) si svolge ogni 10 anni (la prossima nel 2020) ed è nata nel 1634 da un voto fatto dagli abitanti della città dopo la fine di un’epidemia di pestilenza che per mesi causò sofferenze e morte. Ormai è un evento internazionale, non più solo bavarese, e costituisce una delle maggiori espressioni moderne di religiosità popolare: basti pensare che coinvolge oltre 2.000 persone tra cast artistico e tecnico (la città conta poco più di 5.000 abitanti). Percorrendo le vie del centro storico si nota la bellezza delle case, affrescate con temi prevalentemente religiosi ma anche legati a celebri favole, tra le quali emergono la Geroldhaus, la Forsthaus, la Mußldomahaus e la Pilatushaus al n. 10 della Dorfstraße, gioiello di Franz Seraph Zwinck (1748-1792), uno dei maggiori esponenti della Lüftlmalerei, la “pittura d’aria”. Da visitare inoltre la parrocchiale rococò di St. Peter und Paul, ricchissima di preziosi stucchi ed affreschi, e il Museo del territorio, fondato nel 1905 con l’intenzione di mostrare la storia dell’intaglio del legno. Tra le personalità di Oberammergau ricordiamo lo scrittore Ludwig Thoma, noto in particolare per i racconti sulla storia e cultura bavarese, che nacque il 21 gennaio 1867 nella bella casa affrescata al n. 20 della Dorfstraße.

Donauwörth (18.000 abitanti) sorge su una collina alla confluenza del Danubio con il Wörnitz. Originariamente era una piccola comunità di pescatori insediata su un’isola di questo fiume e per secoli qui si incrociavano le rotte commerciali tra Roma e il nord Europa utilizzando il tratto navigabile del Danubio.

Nördlingen (21.000 abitanti) è situata al centro della florida e circolare pianura del Ries, un enorme cratere formatosi 15 milioni di anni fa dalla caduta di un meteorite. Ha mantenuto nel tempo il suo carattere medievale ed è l’unica cittadina tedesca che ha una cinta muraria interamente percorribile con un camminamento protetto intervallato da 15 torri.

Dinkelsbühl (Franconia) Dinkelsbühl è una meravigliosa città museo e tappa obbligatoria della Romantische Strasse. La città di Dinkelsbühl vanta un centro storico tipicamente medievale ben conservato e una fortificazione di ben diciotto torri risalente al XIV secolo che le ha permesso di resistere a numerose guerre. Tra le vie del centro si affacciano le facciate dei palazzi divinamente decorate e sempre fiorite. Il fascino di questa città richiama ogni anno numerosi visitatori. Se Dinkelsbühl, cittadina medioevale della Franconia, ha potuto mantenere pressoché intatte le sue antiche case e le mura turrite, il merito è tutto di un pugno di bambini coraggiosi. Si narra che quando nel 1632, in piena Guerra dei trent’anni, le truppe protestanti della Svezia assediarono il borgo, la figlia del guardiano della torre, una ragazzina di nome Lore, uscì con gli altri bambini dalla porta principale della città e supplicò il nemico di non distruggerla. Impressionati da tanto sangue freddo, gli svedesi accettarono la resa di Dinkelsbühl senza sottoporla ai consueti incendi e saccheggi. In segno di gratitudine ogni anno la città ricorda l’episodio, chiamato Kinderzeche, con un festival storico che si tiene nella seconda metà di luglio (dal 18 luglio al 27 luglio 2014). Per un’intera settimana, personaggi in costumi d’epoca mettono in scena le situazioni di allora, con i soldati nemici accampati sotto le mura e gli amministratori cittadini chiusi in municipio a discutere su come allontanare il nemico, mentre nelle strade decorate a festa si assiste alle esibizioni di danzatori, spadaccini, tamburini e pifferai. Grandi protagonisti, naturalmente, i bambini, premiati con abbondanti razioni di dolciumi.

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13 Luglio 2014: MONTE NOVEGNO E LUOGHI DELLA I GUERRA MONDIALE

 

MONTE NOVEGNO

Nella prima quindicina del giugno 1916, il Novegno fu la chiave di volta dell’estremo schieramento italiano lungo la destra dell’Astico; resse all’urto conclusivo dell’11a Armata imperiale che, scavalcandolo, sarebbe sfociata nella pianura veneta precedendo la 3a Armata irretita sul vicino Altopiano dei Sette Comuni. In quei giorni, soprattutto fra il 12 e 13 giungo, fanti ed alpini della 35a divisione di fanteria al comando del magg.Carlo Petitti di Roreto, che aveva sostituito il discusso suo predecessore Felice De Chaurand de Saint Eustache, si batterono in maniera quasi sovrumana contro i Kaiserjager dell’8a divisione, il cui attacco era stato preceduto da una massiccia, pesante e micidiale azione di fuoco da parte dell’artiglieria, nettamente superiore per quantità e qualità a quella italiana. L’azione si concentrò contro Passo Campedello e M.Giove, ma alla fine a spuntarla furono i fanti della 35a, vanificando così l’attività offensiva della XI Armata dell’arciduca Eugenio e, in particolare, quella della 44a Divisione austroungarica al comando del generale Viktor Dankl. Veniva così arrestata, alle porte di Schio e sul limitare della pianura vicentina, la “strafexpedition”, operazione che probabilmente rappresentò la più grande battaglia che mai sia stata combattuta in montagna in un contesto che fu l’unico dell’intera fronte a subire ininterrottamente per tutti i quarantun mesi, le sorti di uno stato di belligeranza e divenendo teatro di alcune tra le più sanguinose battaglie combattute durante il conflitto. Sgomberato durante la notte del 24 giugno 1916, il Novegno fu interamente rioccupato dall’Esercito italiano, che negli anni successivi vi realizzò grandiose opere campali, sistemandovi artiglierie che, oltre ad esercitare azione offensiva sulle linee oltre il Posina, ne fecero un formidabile caposaldo in grado di sventare possibili ritorni offensivi. Sul “Letzeberg” l’ultimo monte, com’era stato chiamato dagli austriaci il Novegno, il terreno intorno alla conca, rivela tracce di quel tempo in cui hanno vissuto migliaia di uomini in armi: resti di strade, mulattiere, piazzole per baracche, postazioni di artiglieria, resti di un cimitero di guerra; segni dell’immane opera fortificatoria e difensiva realizzata in guerra senza risparmio di fatica, coi mezzi ancora rudimentali del tempo. Tutto ciò, fa del Novegno un grande laboratorio all’aperto per la conoscenza e lo studio della Grande Guerra. Qui più che altrove, le testimonianze, le ricerche, i documenti, trovano sul terreno il tangibile riscontro di opere, alcune delle quali sono da considerarsi veri capolavori dell’ingegneria militare. Sotto il profilo naturalistico il massiccio del Novegno offre eccezionali aspetti, magnifici esemplari di una fauna unica vivono in ampia simbiosi in un patrimonio floreale di pregio e degno di attenzione e cura.

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11 Luglio 2014:  SERATA CON OTTORINO GIANESATO SUL TEMA “MONTEBELLO E I SUOI CADUTI NELLA GUERRA 1915-1918”

 

La leva dei Montebellani dal 1874 al 1901 (ossia gli oltre mille chiamati alle armi di Montebello)

C’è il pilota d’aereo abbattuto nei cieli di Francia, c’è il fante sul letto dell’ospedale con la medaglia appuntata sul petto dal comandante in capo delle truppe inglesi in Italia. Si racconta poi di uno dei primi caduti vicentini della Prima guerra mondiale morto al Forte Verena per il colpo di cannone austriaco che uccise – tutti insieme – una quarantina di commilitoni. Sono soltanto alcune delle particolari storie del migliaio di soldati originari di Montebello che vestirono la divisa del Regio Esercito durante la Grande Guerra. Attraverso il racconto dei destini di quegli uomini emerge un microcosmo della vita e della società di allora con i suoi eroi, i caduti e i feriti, gli imboscati e i renitenti, i dispensati dal servizio e i condannati a morte e alla prigione per reati militari. E con loro ecco le storie dei familiari che li attesero invano a casa. Le ha raccolte in una nuova ricerca Ottorino Gianesato, appassionato di storia locale, che oggi alle 20.45 nella sala delle conferenze della biblioteca civica di piazzale Cenzi parlerà di “La guerra 1915-1918. La leva dei Montebellani dal 1874 al 1901”, risultato del suo lungo lavoro di ricerca documentale negli archivi militari e parrocchiali, tra ruoli matricolari e liste di leva, riportando alla luce particolari storie individuali, spesso sconosciute ai più, sullo sfondo della guerra. Come il soldato chiamato a rimpiazzo dei decimati per rivolta della brigata Catanzaro – episodio immortalato in “Uomini contro” del regista Gianfranco Rosi e ispirato al romanzo di Emilio Lussu – che nel clima di quei giorni si attirò una condanna all’ergastolo. O gli espatriati che militarono in eserciti stranieri, come in quello Usa, o gli italiani che la guerra la fecero sul fronte “interno” della Libia coloniale o in Macedonia. Ma si parlerà anche del generale medaglia d’oro Giuseppe Vaccari, eroe della Sernaglia, la battaglia che pose le basi alla definitiva sconfitta dell’imperial Regio esercito asburgico a Vittorio Veneto. Ottorino Gianesato è già autore de “I caduti di Montebello” (2008), pubblicazione edita per conto dell’associazione culturale Amici di Montebello in cui ripercorre le vicende dei morti in guerra. La presentazione di questo aggiornamento – forse anch’esso edito in futuro – ha chiarito anche i casi di omonimia ed è il completamento del testo precedente. Del centinaio di caduti che il paese pianse in varie guerre, alcuni non hanno ancora il nome scolpito sul monumento in piazza. Un’integrazione fu fatta pochi anni fa, ma altri sono stati ora individuati.  Articolo di Matteo Guarda

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22 Giugno 2014: LAGO D’ISEO – SAN PIETRO IN LAMOSA

 

LAGO D’ISEO – MONTE ISOLA

Monteisola è l’isola lacustre più vasta d’Italia con una superficie di 4,5 km² e un perimetro di oltre 9 km. In Europa sono presenti isole lacustri di maggior estensione, come l’isola di Visingso nel lago svedese di Vättern (24 km²) e l’isola artificiale di Sääminginsalo, ma Montisola è la prima come altezza sul livello del mare, raggiungendo un’altitudine di 600 metri. L’isola è raggiungibile in traghetto dalla sponda bresciana; i principali approdi sono i porti di Sulzano e Sale Marasino dai quali si raggiungono rispettivamente le frazioni di Peschiera Maraglio e Carzano. L’isola è raggiungibile anche dalla sponda bergamasca partendo da Tavernola Bergamasca con collegamenti giornalieri. La circolazione è consentita unicamente ai motocicli dei residenti ed è proibito trasportarvi veicoli a motore. È possibile spostarsi tramite biciclette o utilizzando il servizio pubblico di autobus. Territorio. La vegetazione comprende numerosi ulivi che fanno da contorno alla costa meridionale fra Peschiera Maraglio e Sensole (dal latino Sinus olis, che significa “insenatura dell’olio”) mentre specie arboree tipicamente alpestri caratterizzano il nord e le parti più elevate del monte.

MONASTERO DI SAN PIETRO IN LAMOSA

Il Monastero di San Pietro in Lamosa si trova presso Provaglio d’Iseo in provincia di Brescia e si erge sopra la Torbiere del Sebino, a cui è dovuto il nome San Pietro “In Lamosa”.

È possibile suddividere la storia del Monastero in quattro periodi: Prima del 1083, per centinaia d’anni, questo luogo fu probabilmente visto e vissuto dall’uomo come sacro, per via della sua posizione e delle sue caratteristiche geografiche, e fu sede di culti prima pagani e poi cristiani. Qualche decennio prima del 1083 sull’area del Monastero fu eretta una chiesetta privata della famiglia feudale de Ticengo. Dal 1083 al 1535, la chiesetta, donata ai monaci cluniacensi dell’Abbazia di Cluny, si trasformò in Monastero che svolse importanti funzioni religiose, economiche, socio-assistenziali e culturali. Dal 1535 al 1783, il monastero fu acquisito dai canonici regolari di San Salvatore di Brescia, che pensarono di costruire la cappella di fronte all’entrata. Il prestigio acquisito precedentemente ed il carattere ‘romano’ dei nuovi gestori favorirono la sua elezione a Chiesa Parrocchiale di Provaglio. Dal 1783 ad oggi, il Monastero è stato quasi ininterrottamente proprietà privata della famiglia Bergomi (poi divenuta Bonini-Bergomi); ora un’importante porzione è della famiglia Valgoglio-Beretta. Per questo motivo, la sua chiesa ha via via perso il ruolo di Parrocchiale ed ha assunto quello di chiesa privata, mentre gli altri ambienti sono stati ampliati e ristrutturati a fini residenziali. Nel 1983 i proprietari della chiesa la hanno donata alla Parrocchia di Provaglio mentre, negli ultimi anni, i locali dell’antica Disciplina ed alcuni piccoli spazi (tutto il resto dell’immobile è proprietà privata) sono stati affidati alla Fondazione Culturale San Pietro in Lamosa per la loro ristrutturazione e per l’organizzazione di attività di carattere culturale. Dall’interno della chiesa si può raggiungere un chiostro e la Disciplina di Santa Maria Maddalena, dove si svolgevano le riunioni dei Disciplini.

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6 Giugno 2014:  SERATA CON UMBERTO RAVAGNANI SU MONTEBELLO VICENTINO ATTRAVERSO LE CARTOLINE ILLUSTRATE

 

Serata dedicata alle cartoline postali di Montebello. Permetterà di rendersi conto di come il paese, e soprattutto il suo centro storico, sia potuto cambiare e in maniera piuttosto incisiva negli anni, a cominciare dal periodo della grande rivoluzione edilizia degli anni Sessanta. La serata, che gode del patrocinio dell’amministrazione comunale, sarà incentrata sulla storia delle cartoline postali nel corso della quale ne saranno esaminate alcune di rare e curiose che sono particolarmente legate alla storia del paese.

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25 Maggio 2014:  VILLA BARBARO A MASER, ASOLO

 

VILLA BARBARO A MASER (TV) fu concepita attorno al 1550 da Andrea Palladio come sede prestigiosa della tenuta agricola dei fratelli Daniele e Marcantonio Barbaro, i quali per la decorazione chiamarono il pittore Paolo Veronese e lo scultore Alessandro Vittoria. La fortunata posizione a mezza costa, l’eleganza delle proporzioni, l’armonia con la natura circostante, la bellezza della decorazione ne hanno fatto una delle più famose opere dell’architetto vicentino. Il portico d’ingresso ha una funzione importante nella vita quotidiana della Villa. Proteggendo dalle intemperie è uno spazio di grande respiro per i lavori di campagna e permettere di passare rapidamente da un lato all’altro della Villa. Palladio lo ha disegnato ispirandosi agli antichi monumenti dell’epoca romana, e le proporzioni delle colonne degli archi danno un’eleganza straordinaria a tutto l’edificio. Le colombaie alle estremità ospitavano i piccioni viaggiatori che fungevano da rapido mezzo di comunicazione in epoca antica. Le meridiane sulla facciata segnano il tempo. La meridiana ovest segna l’ora e l’inizio delle stagioni, quella est è un calendario zodiacale e indica mensilmente la data d’ingresso del Sole nel corrispondente segno dello Zodiaco. Su questa meridiana una curva a forma di otto allungato detta lemniscata rappresenta l’equazione del tempo, cioè la differenza tra il tempo solare vero e il tempo solare medio (quello dell’orologio). La lemniscata consente di leggere il mezzogiorno medio. Le sei Sale Affrescate da Paolo Veronese costituiscono uno dei tesori più importanti dell’arte veneta del XVI secolo. All’interno della villa il pittore Paolo Veronese realizza quello che è considerato uno dei più straordinari cicli di affreschi del Cinquecento veneto. La forza e la qualità dello spazio illusionistico che si sovrappone a quello palladiano hanno fatto pensare a una sorta di conflitto fra pittore e architetto, tanto più che Veronese non viene citato nella didascalia della tavola dei Quattro Libri dedicata alla villa. Del resto, evidentemente influenzato (e probabilmente intimorito) dal gusto e dalla personalità dei Barbaro, è molto probabile che Palladio abbia ritagliato per sé un ruolo tecnico e di coordinamento generale, lasciando ai committenti – se non, secondo alcuni, allo stesso Veronese – largo spazio per l’invenzione: lo prova il fantasioso disegno della facciata che difficilmente può essergli attribuito. È stato rilevato che i paesaggi dipinti nelle sale siano stati derivati da una serie di incisioni pubblicate da Hieronymus Cock nel 1551 e da altre, opera di Battista Pittoni, apparse nel 1561. Vi sono dunque buone ragioni per ritenere che il Veronese abbia lavorato al ciclo di Maser tra il 1560 e il 1561. Probabilmente fu la sala dell’Olimpo ad essere affrescata per prima, immediatamente seguita da quella a crociera e dalle due sale verso la facciata. Per ultimi furono realizzati gli affreschi delle due sale più piccole rivolte verso la collina dove appaiono le vedute derivate dal Pittoni.

ASOLO definita da Giosuè Carducci la Città dei cento orizzonti, Asolo è uno dei centri storici più suggestivi d’Italia. Raccolta entro le antiche mura che si diramano dalla Rocca, fortezza del XII° secolo, conserva in ogni scorcio testimonianze della sua millenaria storia. Luogo di fascino sui dolci colli asolani, Asolo fu meta di poeti e scrittori, artisti e viaggiatori, che qui trovarono ispirazione ed armonia. Tra questi il poeta inglese Robert Browning, la Divina del teatro Eleonora Duse, il compositore Gian Francesco Malipiero, la scrittrice e viaggiatrice inglese Freya Stark. Una visita ad Asolo permette di conciliare il gusto per la storia e la cultura con i piaceri della tavola. Nelle osterie, nei ristoranti, nei caffè e nelle enoteche che si affacciano sui caratteristi portici e sulle piazze si possono gustare ottimi piatti preparati con i migliori prodotti locali e legati alla tradizione culinaria veneziana, come gli sfiziosi cicchetti. Il tutto accompagnato da un frizzante calice di Asolo Prosecco Superiore DOCG, eccellenza di questa terra. La favorevole posizione e la felicità del clima fecero di Asolo un centro abitato fin dall’epoca preistorica, e in seguito un importante insediamento dei Veneti. Acelum, l’Asolo Romana attraversò un periodo di grande crescita: la città, che divenne anche municipium, si sviluppò soprattutto tra I sec. a.C. e I sec. d.C. Resti e reperti archeologici – raccolti in un’apposita sezione del Museo civico – documentano la presenza di Terme, di un Acquedotto, un Foro e un Teatro a testimonianza dell’importanza di Asolo in epoca romana. Antichissimo centro cristiano, già nel VI sec. ebbe un vescovo e mantenne la sede episcopale fino al 969 quando divenne feudo del vescovado di Treviso. A periodi alterni tra XI e XIV sec. conobbe l’egemonia di diverse potenti famiglie (Tempesta, Ezzelini, da Camino, Scaligeri, Carraresi) e, infine, di Venezia. A partire dalla fine del ’300 con la dominazione veneziana, la città entrò in una fase di grande splendore: nel 1489 Venezia investì della Signoria di Asolo Caterina Cornaro, ex regina di Cipro, che diede vita ad una sfarzosa corte rinascimentale di artisti, letterati e poeti, lasciando un’indelebile impronta nell’arte e nell’ideale stesso della città. Venezia diede ad Asolo un importante riassetto urbano e la legò a sé e alla propria aristocrazia in maniera imprescindibile fino alla caduta della Serenissima. “Asolo è Venezia e Venezia è Asolo” si dice da queste parti, a sottolineare un’affinità di atmosfera che si manifesta nell’architettura come nello spirito. Nel 1797 vi fece il suo ingresso Napoleone. Nell’Ottocento con la dominazione austriaca Asolo fu interessata da riforme delle istituzioni civili e da un programma di opere pubbliche, come ad esempio la ristrutturazione del teatro Duse. Infine nel 1866 entrò a far parte del Regno d’Italia. Curioso scrigno dei fatti della storia asolana del XIX sec. è l’antico orologio a pendolo nascosto dietro il bancone di un’enoteca in via Browning, in prossimità del Teatro dei Rinnovati: qui vi sono annotate le date della storia cittadina a partire dagli inizi dell’Ottocento.

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5 Maggio 2014:  SERATA CON FELICE CASTEGNARO SULLA TOPONOMASTICA DI ZERMEGHEDO

 

Zermeghedo è un piccolo paese in provincia di Vicenza. Probabilmente il nome Zermeghedo è di origine longobarda, come testimonia la toponomastica locale, ricca di termini germanici. Si sarebbe trattato, infatti, di un dislocamento militare dell’armata del re Alboino, posto a difesa della Via Postumia contro eventuali attacchi provenienti da Nord. Zermeghedo si costituì nel 568 circa, baluardo di difesa a nord contro l’insediamento romano di Arx Janii (Arzignano).

Nell’Ottocento Zermeghedo passò sotto la dominazione dei Franchi succeduti ai Longobardi. Dopo il Mille si svilupparono nella zona i Comuni di cui poche sono le tracce rimaste, finché nel 1250 Zermeghedo fu interessato dall’attacco di Ezzelino da Romano che in quell’epoca distrusse la vicina Montorso. Questo provocò una grande scossa, tanto che i conti Maltraversi nel 1265 vendettero i comuni di Montebello e Zermeghedo alla libera città di Vicenza.

Il 23 aprile 1335 nacque il libero comune di Zermeghedo. In questa data, dopo la Messa, sotto il portego della casa di Uguccione fu Olderico si riunirono i 34 capofamiglia convocati ad sonum tabulae e alla presenza dei dovuti notai provenienti da Montorso, Grancona e Brendola solennemente stesero gli Statuti del Comune, suddivisi in 67 articoli, tuttora visibili, in ottimo stato di conservazione, presso la Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza.

Zermeghedo rimase sempre un paese a popolazione ridottissima, per cui ogni volta che si presentò un governo centralista il paese perse la propria autonomia: ciò avvenne sia in epoca napoleonica che in epoca fascista. Dal 1947, anno della riconquistata autonomia, ricordiamo i Sindaci: Candido Biasi, Giovanni Maria Dal Maso, Floriano Mengotto, Giovanni Selmo, dr. Ruggero Castegnaro, Girolamo Selmo, Silvino Biscotto, Antonio Sterluti, prof. Giuseppe Castaman , Gianluigi Cavaliere e l’attuale Luca Albiero (da Wikipedia).

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27 Aprile 2014:  VALSANZIBIO (PD) VILLA BARBARIGO – VILLA GIUSTI

 

LUVIGLIANO-VILLA DEI VESCOVI Una prima costruzione fu presumibilmente eretta ai piedi del monte Solone sul finire del Quattrocento, per volere del vescovo Jacopo Zeno, su progetto di Bartolomeo Bon, come luogo di riposo e soggiorno estivo per i vescovi padovani. Il nucleo architettonico originario venne in seguito ampliato: nel 1501 per volontà del vescovo Pietro Barozzi, quindi, tra il 1529 e il 1543, per volere del cardinale Francesco Pisani. La direzione dei lavori e la riorganizzazione dell’intero fondo agricolo furono affidate dal cardinale all’amministratore della mensa vescovile Alvise Cornaro, il quale si servì dell’aiuto dell’architetto veronese Giovanni Maria Falconetto. Alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1535, i lavori furono condotti da Andrea da Valle, suo allievo; è quindi ipotizzabile che la villa sia stata ideata dal primo ma materialmente realizzata dal secondo architetto. È pure stata avanzata l’ipotesi di un intervento di Giulio Romano, cui Pisani scrive in due occasioni nell’estate del 1542: è opinione del Beltramini che a lui si deva l’ideazione del bugnato che caratterizza il piano terreno della villa. Mentre la realizzazione degli stucchi, sempre su disegno di Andrea da Valle, fu intrapresa nel 1542, gli affreschi vennero affidati, sul finire del 1543, al pittore fiammingo Lambert Sustris, che si occupò dell’ideazione complessiva dell’impianto decorativo e dell’esecuzione della maggior parte delle pitture; in base ad evidenze documentali vi furono contributi anche da parte di Gualtiero Dall’Arzere detto “Il Padovano”.

VALSANZIBIO – VILLA BARBARIGO Il giardino contiene ben settanta statue con motti didascalici incisi sul basamento, eseguite da Enrico Merengo, tra cui si ricordano la personificazione del Tempo, Endimione, Argo, Tifeo e Polifemo. Il parco è percorso da sentieri conducono alle fontane (in tutto sedici, tra cui quelle dei Fiumi, di Eolo, dei Venti), al labirinto in bosso, a laghetti, peschiere, ruscelli e giochi d’acqua, alla galleria dei carpini e a piccole costruzioni. Vi sono circa 800 piante, tra cui diverse specie arboree piuttosto rare: in particolare, si contano 24 varietà di conifere, 16 di alberi a foglia perenne, 24 a foglia caduca e altri tipi di arbusti. Il giardino della villa è stato recentemente insignito del premio internazionale “Il più Bel Giardino d’Europa”. La fontana della Pila. L’itinerario, che simboleggia il cammino dell’uomo verso la Salvezza, ha inizio dal monumentale ingresso, un’elegante costruzione su cui spiccano pregevoli bassorilievi e statue, come quella di Diana-luna, la dea della natura e degli animali selvaggi, votata a mutamenti e prodigi. Il percorso prosegue entrando nel giardino, fino a raggiungere l’arco di Sileno, da qui costeggiando la peschiera detta “Bagno di Diana”, la Fontana dell’Iride e la Peschiera dei Venti si giunge al labirinto geometrico, che rinvia ad un episodio legato alla vita di San Gregorio Barbarigo. Questo labirinto in bosso, con un percorso di 1500 metri, rappresenta uno dei più estesi labirinti dell’epoca tuttora esistenti. In prossimità della Fontana della Pila, il cammino continua imboccando a destra il Gran Viale affiancato dall’Isola dei Conigli, una delle rare garenne ancora esistenti, rappresenta l’immanenza, nonché la condizione caratteristica degli esseri viventi racchiusi entro i confini spaziali e temporali. Giustapposta all’isola e al di là del Gran Viale si trova una maestosa statua raffigurante il Tempo, che ha interrotto il suo volo attraverso lo spazio: ciò simboleggia la trascendente condizione dello spirito umano. Procedendo tra statue e fontane che delimitano anche simbolicamente Isola e Tempo si giunge alla scalinata delle Lonze, che richiama i versi dell’Inferno dantesco, contrassegnata dal sonetto che illustra i significati del giardino a livelli diversi. Si perviene così alla meta finale del percorso simbolico, la Fontana della Rivelazione, coronata dalle otto allegorie delle prerogative del giardino stesso e del suo signore. Il giardino si unisce, infine, come in un ideale “continuum naturale”, al Monte Gallo, attraverso un suggestivo filare di cipressi.

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11 Aprile 2014:  I TEMPLARI DI MONTEBELLO A VILLAGA E NEL VICENTINO (MARIA GRAZIA BULLA)

 

Si torna a parlare di Templari, stavolta a Montebello Vicentino, sede dell’unico convento di questi monaci militari esistente nel territorio provinciale. Le altre case, qui da noi, servivano da rappresentanza o per ospitalità, o come luoghi di raccordo di attività economiche, per lo più agricole.
L’occasione è ancora una volta un libro della prof. Maria Grazia Bulla Borga che spiegherà il significato e l’importanza di questo “ospedale” di strada e l’attività della “precettoria” di Montebello, presentando la figura di alcuni precettori templari. Almeno due di essi, se non di più, erano del luogo, appartenevano cioè alle famiglie nobili di Gambellara e di Montebello.
L’incontro è organizzato dall’associazione “Amici di Montebello” e si terrà domani alle 20,30 alla sala del Centro Auser, in via Gen. Vaccari 55.
Nel territorio della diocesi esisteva un’altra precettoria, quella di Bevadoro, ma in provincia di Padova, dotata anch’essa di beni in continuo aumento. Da Montebello dipendevano, invece, varie tenute, tra le quali la gastaldia di Villaga, oggetto di una pubblicazione precedente della nostra studiosa.
L’Ordine Templare, oltre a quella religiosa, si occupò dell’attività militare, della coltivazione delle terre e della gestione economica del patrimonio. Ciò fu consentito dalla organizzazione di un’imponente struttura che interessò tanta parte dell’Europa. Il mantenimento di un folto gruppo di Cavalieri armati in Terrasanta richiedeva infatti un adeguato sforzo produttivo, non solo per rifornire di vettovaglie le truppe, ma soprattutto per sostenerne i costi, dalle armi ai cavalli, dalle navi alle fortificazioni.
Viene smentita la tesi finora ritenuta attendibile dagli storici sulla attribuzione della commenda di Longara ai Templari. Infatti, dalle scoperte della prof. Bulla Borga appare chiara la sua appartenenza all’altro ordine cavalleresco sorto con le medesime finalità, gli Ospedalieri Giovanniti Gerosolimitani, meglio conosciuti come Cavalieri di Malta. Costoro divennero gli “eredi” dei Templari dopo la loro soppressione proclamata con la bolla pontificia Vox in excelso del 3 aprile 1312.
Ma nel generale clima di condanna, ci fu l’eccezione rappresentata da Rinaldo da Concorezzo, arcivescovo di Ravenna e già vescovo di Vicenza dal 1296 al 1303, responsabile del processo all’Ordine in Alta Italia: egli assolse i Monaci Templari e condannò l’uso della tortura per estorcerne confessioni.
Proprio nell’Archivio diocesano di Ravenna, oltre che in quello di Vicenza, la studiosa ha personalmente trovato documentazione preziosa, da lei trascritta, tradotta ed organizzata, col risultato di questi preziosi volumetti di storia vera, non frutto di fantasie o di leggende. L.N. (Da Il Giornale di Vicenza del 10-04-2014)

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4 Aprile 2014:  LUOGHI STORICI DI MONTEBELLO PER I RAGAZZI DELLE SCUOLE ELEMENTARI

 

La presenza di insediamenti abitati nella zona di Montebello in epoca preromana è testimoniata dal ritrovamento nel suo territorio di alcune tombe di epoca paleoveneta. Esistono riscontri anche in alcuni reperti emersi su tombe analoghe scoperte ad Este, che fu importante centro dei Veneti verso l’VIII secolo a.C.. La via Gallica che passava proprio di qui, ne favorì poi il suo sviluppo.
Successivamente, in età romana invece Montebello acquisì una certa importanza perché si trovava lungo la via consolare Postumia che, fin dal 148 a.C. congiungeva Genova ad Aquileia. Il suo tracciato all’interno dell’attuale comune non è ancora del tutto chiaro, ma con sicurezza si sa che vi si trovava una stazione di ristoro e di cambio cavalli detta Mutatio Aureos (edificio visibile ancor oggi, seppur pesantemente danneggiato dagli austriaci nella battaglia di Sorio del 1848 e più volte rimaneggiato nell’arco dei secoli, in località Mason; toponimo da cui risulta pertanto evidente l’origine dal nome Mansio-Mansione-Magione-Masone-Mason).
Una Mansio Templi quindi; unica precettoria templare nel vicentino dalla quale dipendeva anche la Gastaldia e la Commenda Gerosolimitana di S. Silvestro di Villaga. Una Domus mansionis de themplo cioè un’importante e ricca struttura ricettiva-assistenziale chiamata Militia Templi, dei Cavalieri del Tempio o Templari con il compito di accompagnare e sostenere i pellegrini diretti in Terra Santa all’interno dell’itinerarium Burdigalense.
Di questa domus romana, identificata fin dal IV secolo e che si attesta come pertinenza templare già dal 1189, si conservano ancora le straordinarie cantine a volta, i contrafforti esterni in pietra, l’arco da cui si accede al cortile interno, la vera del pozzo, una chiave di volta con incisa la croce templare ed alcune iscrizioni su pietra di difficile interpretazione.
Degna di nota è anche una pietra miliare o cippo di epoca romana che si trova prospiciente all’edificio sul percorso dei cavalieri, che reca delle iscrizioni purtroppo non più leggibili. Esiste tuttora un dettagliato inventario inquisitoriale del 1310, stilato nell’imminenza della soppressione dell’Ordine cavalleresco.
Dal Medioevo al Risorgimento
Dopo il crollo dell’Impero Romano la zona subì via via il dominio dei Goti, dei Longobardi e dei Franchi; non vi sono però documenti risalenti al periodo di transizione tra la dominazione dei Franchi e l’inizio dell’età feudale, durante la quale Montebello fu governato dalla famiglia Maltraverso (tra l’XI e il XIII secolo).
Fu dunque ceduto al Comune di Vicenza, e in seguito passò sotto il dominio degli Scaligeri di Verona durante la loro espansione verso Vicenza (XIV secolo); in questo frangente conobbe un periodo tumultuoso, dovuto ai conflitti tra gli Scaligeri, i Carraresi di Padova, i Visconti di Milano e la Repubblica di Venezia, alla quale Montebello fu annesso all’inizio del XV secolo e sotto il cui controllo rimase fino alla caduta della Serenissima per mano di Napoleone Bonaparte nel 1797.
Napoleone Bonaparte soggiornò col suo esercito nella canonica di Montebello durante la campagna d’Italia, accolto non molto amichevolmente dagli abitanti che si rivoltarono; nel 1813 passò quindi agli austriaci.
Un evento storico rilevante è la battaglia risorgimentale (cosiddetta “Battaglia di Sorio”) avvenuta l’8 aprile del 1848, durante la quale 2200 giovani studenti italiani (molti dei quali provenienti dall’Università di Padova), tutti volontari, male armati e poco organizzati, si scontrarono con 3000 soldati austriaci tra Montebello e Sorio (frazione del confinante comune di Gambellara); la migliore preparazione delle milizie austriache permise loro di prevalere: la battaglia si risolse con 50 vittime tra i volontari ed un numero non precisato ma certamente alto di feriti. Oggi è ricordata da una Guglia eretta in loro memoria a Sorio.
Dal Risorgimento ai giorni nostri
Nel 1866 il Veneto fu annesso all’Italia, e con esso naturalmente anche Montebello, che fu indicato come Vicentino per distinguerlo da altri comuni dello stesso nome. In seguito a ciò, le vicende del paese rifletterono quelle del resto d’Italia: la Grande Guerra portò via tanti giovani, ai quali fu dedicato un monumento; da segnalare che il Generale Giuseppe Vaccari, che guidò la resistenza sul Piave, era nato a Montebello.
L’avvento del Fascismo pose fine ad un periodo di turbolenze sociali e politiche, tuttavia un risollevamento dall’economia si ebbe solo al termine della Seconda guerra mondiale. Dopo l’8 settembre 1943 i tedeschi, per creare una linea di protezione per la loro ritirata, fecero scavare nel paese un vallo, che però fu facilmente superato dai carri armati alleati. Il paese fu bombardato dalla flotta aerea degli alleati, che il 15 ottobre del 1944 sganciarono 183 bombe GP da 500 libbre che, indirizzate verso il ponte ferroviario, colpirono invece le frazioni di Ronchi e Borgo.
Nel dopoguerra si assistette dapprima a fasi emigratorie, e in seguito al cosiddetto miracolo economico del nord est, che portò benessere ma anche inquinamento ed eccessiva cementificazione di alcune zone. Al giorno d’oggi, Montebello è meta d’immigrazione proveniente principalmente dal Nordafrica, dal Ghana, dal Bangladesh e dallo Sri Lanka, e in misura minore dai paesi dell’est europeo.
Monumenti e luoghi d’interesse

Il castello
Probabilmente una fortificazione esisteva già in epoca romana, ma notizie più sicure parlano della sua presenza verso il IX-X secolo. Opera di Cangrande della Scala sono il restauro e il rinforzo del castello nel XIV secolo, ultimo lavoro compiuto su di esso. Da allora, è passato di proprietà via via a diversi signori locali, per giungere pressoché in rovina fino ai giorni nostri. Nelle sue immediate vicinanze, nella prima metà dell’Ottocento fu costruito un palazzo, di vago richiamo gotico.
Il castello è stato recentemente ristrutturato, ma non è visitabile in quanto di proprietà privata.
La chiesa prepositurale
La chiesa prepositurale di Montebello sorge dove in precedenza si trovava la Pieve. La costruzione dell’edificio ebbe inizio nel 1764, e la consacrazione avvenne il 14 gennaio 1798, quando i lavori non erano ancora del tutto ultimati; il completamento avvenne quasi un secolo dopo. Nel 1848 fu aggiunta una torre campanaria.
È incerta l’attribuzione sia dell’edificazione del campanile sia della facciata: si sa che il disegno è dell’architetto veneto Giorgio Massari, che realizzò l’interno, tuttavia i lavori furono eseguiti anni dopo la sua morte, e questo porta a pensare che altri, oltre ad aver materialmente portato a termine l’opera, abbiano introdotto delle variazioni più o meno rilevanti al disegno originale, fino ad arrivare all’attuale aspetto che richiama lo stile neoclassico.
Di estrema importanza e fattura architettonica è lo splendido pozzo rinascimentale collocato nei giardini prospicienti la chiesa.

Il ponte di Palladio sul Guà
Nel 1575 la Serenissima avviò la costruzione di un ponte sul torrente Guà su disegno dell’architetto Andrea Palladio.[senza fonte] Il progetto prevedeva una costruzione in pietra, a cinque archi, ma in seguito alla morte del Palladio, avvenuta nel 1580, furono introdotte delle varianti all’idea originale: i due archi minori, più esterni, furono completamente murati, con l’intento di aumentare la robustezza della struttura. Tuttavia, proprio per questo motivo il ponte offriva troppa resistenza all’acqua, e già nel 1588 era pericolante a causa soprattutto dell’irregolarità del torrente e delle sue piene irruenti. Il ponte resistette ancora per quasi un secolo e nel 1669 fu distrutto definitivamente (da Wikipedia).

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30 Marzo 2014:  ALLA SCOPERTA DI BOLOGNA

 

BOLOGNA è una storica città che da antico insediamento libero-ligure, passò nel VI a.C. agli Etruschi e quindi nel 189 a. C ai Romani. Divenne libero comune attorno al 1000. Da qui iniziò la grande prosperità che ha prodotto un ricco patrimonio artistico,  incrementato via via nei secoli. Il luogo simbolo  dello splendore  artistico si  è concretizzato nella PIAZZA MAGGIORE. E’ una delle più antiche (iniziata nel XIII sec.), belle e vaste piazze d’Italia; attualmente misura 115 m in lunghezza e 60 m in larghezza. Qui si adunavano le folle per ascoltare le leggi, i proclami, le decisioni del governo, le sentenze capitali, che venivano comunicate dalla balconata del Palazzo del Podestà. Fu  per molto tempo la piazza del Mercato.

PALAZZO DEL PODESTA’ La sua costruzione iniziò nel 1200, insieme alla piazza stessa. Di quell’antico palazzo romanico rimane solo una parte della facciata che prospetta sul retro, mentre il palazzo che vediamo oggi fu ricostruito nel 1484 durante la signoria di Giovanni II Bentivoglio. I pilastri del maestoso porticato sono rivestiti di macigno ed ornati da 3000 rosette scolpite, tutte diverse l’una dall’altra. Sopra il portico c’è il Salone del Podestà, il più grande di Bologna; nell’antichità era l’Aula di Giustizia, dove si tenevano i processi, oggi è sede di mostre e manifestazioni varie. Sopra le arcate del portico corre un ballatoio che un tempo era delimitato da una ringhiera; era la “famosa ringhiera” da cui venivano rese pubbliche le decisioni del governo ed anche le sentenze capitali.

PALAZZO RE ENZO Costruito nel 1244 come sede del Comune, divenne invece la ricca prigione di Enzo, re di Sardegna, figlio dell’imperatore Federico II di Svevia. Re Enzo fu catturato durante la battaglia di Fossalta nel 1249 e i bolognesi lo rinchiusero fino alla morte, avvenuta nel 1272, Il giovane Re Enzo fu trattato con tutti gli onori, tanto da avere intorno a sé una piccola corte regale.

PALAZZO DEL CAPITANO DEL POPOLO Lo scalone che fiancheggia il cortile del palazzo di Re Enzo conduce alla sala del Palazzo del Podestà e a quello che fu il Palazzo del Capitano del Popolo. Questo sorge tra il Palazzo del Podestà e quello di Re Enzo, verso il Palazzo Comunale.   VOLTONE DEL PODESTA’ Questo luogo, in passato fu il centro più vivo della città per la presenza del mercato, con i vari venditori e clienti, mendicanti e truffatori, e i banchi dei notai, che qui stilavano i contratti per i cittadini. Nel 1525, all’incrocio del Voltone, furono poste le quattro statue dei protettori di Bologna: San Petronio, San Domenico, San Francesco e San Procolo.

PALAZZI DEL COMUNE – Palazzo d’Accursio La parte dell’edificio su cui si innalza la torre dell’orologio, era l’abitazione del celebre giurista Accursio, vissuto nel XIII secolo. Egli, nel 1284, vendette il Palazzo al Comune che ne fece il granaio cittadino, da cui anche l’altro nome di “Palazzo della Biada”. Sull’antica torre della famiglia fu sistemato un complesso orologio meccanico adorno di statue semoventi che venne sostituito nel 1700 con l’orologio attuale. Sulla facciata, in alto, c’è una stupenda “Madonna con il Bambino” opera di Nicolò dell’Arca. – Palazzo del Legato L’altra parte, oltre il portale di ingresso, venne costruita alla fine del cinquecento per gli appartamenti del Governatore della Città, cioè il Cardinale Legato. L’aspetto è quello di una fortezza con mura, merli e torrioni; anticamente vi era anche un largo fossato e un ponte levatoio. Sulla scarpata di base vi sono murate le antiche misure alle quali dovevano attenersi gli artigiani e i venditori: il piede bolognese, il braccio, la pertica, le dimensioni delle tegole (coppo) e del mattone. Sopra il portone di ingresso, opera dell’Alessi (1553), si trova la statua del papa bolognese Gregorio XIII, che fu il riformatore dell’antico calendario giuliano che nel 1583 aveva accumulato un ritardo astronomico di 10 giorni. Fu necessario, quindi, abolire 10 giorni per rimettere a posto le cose.L’interno si aprono tre cortili: quello di rappresentanza, quello d’armi e quello del carcere (ridotto di molto alla fine dell’ottocento con la costruzione della sala borsa). In quest’ultimo U. Aldrovandi costruì l’antico orto botanico detto “dei semplici”, perché con “principi semplici” erano i farmaci tratti dalle piante officinali. Il grande scalone cordonato, costruito perché le carrozze a cavalli potessero salire agli appartamenti superiori, è opera del Bramante. Vi sono varie sale, tra cui la Sala Farnese, con la Cappella Farnese, ultima rimasta delle 12 che vi erano un tempo nel palazzo; la Sala d’Ercole, chiamata così per una grande statua lì posta; la sala del Consiglio Comunale; gli appartamenti del Cardinale Legato che oggi ospitano le Collezioni Comunali d’Arte. Oggi il palazzo è sede del Municipio della città e di numerosi uffici comunali.

BASILICA DI SAN PETRONIO La costruzione di questa Basilica avvenne per volontà del Comune di Bologna, che nel 1390 ne iniziò la costruzione sotto la direzione dell’architetto Antonio di Vincenzo. Per ordine del Comune furono demoliti vari edifici per creare un ampio spazio su cui erigere la chiesa che, secondo l’intento dei bolognesi, doveva essere la più grande di tutta la cristianità. Alle enormi dimensioni attuali (130 m. di lunghezza, 58 m. di larghezza, 45 m. altezza delle volte centrali, 51 m. altezza della facciata) si giunse dopo secoli di lavori che terminarono nel 1659 con il completamento dell’abside. La facciata è incompleta: la parte superiore presenta immorsature in laterizio mentre è decorata con marmi nella parte inferiore, dove le nicchie predisposte per ospitare statue sono vuote. Nel basamento vi sono 8 quadrifogli con santi legati alla storia della chiesa bolognese. I 3 portali di ingresso sono riccamente decorati; capolavoro di Iacopo della Quercia è la porta mediana, la “Porta Magna”, iniziata nel 1425 e i bassorilievi con storie bibliche e profeti nell’architrave e nei pilastri laterali. Le fiancate sono ritmate dalle vetrate policrome delle 22 cappelle che si aprono all’interno della Basilica; l’interruzione del transetto, per la non prosecuzione del grandioso progetto, è denunciata da una bifora a libro. L’interno è di struttura gotica, a tre navate, divise da dieci piloni di cotto polistili reggenti slanciati archi ogivali. Sul pavimento è tracciata la famosa meridiana costruita nel 1655. Lungo la navata sinistra si aprono le cappelle più belle e famose: nella prima e nella quarta si possono ammirare gli affreschi di Giovanni da Modena e nell’ottava la figura di “San Rocco” del Parmigianino. Lungo le navate laterali vi sono le quattro croci di pietra che, secondo la tradizione, furono poste da San Petronio alle quattro estremità della Basilica.

( L. 207 )

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2 Marzo 2014: GRUMOLO PEDEMONTE E ZUGLIANO

 

GRUMOLO PEDEMONTE e ZUGLIANO

L’oratorio si può raggiungere a piedi, per una stradina sterrata lunga meno di un chilometro che parte dal piazzale della parrocchiale di Grumolo e attraversa con un piccolo ponte la valle di Sant’Andrea dalle nere pietre basaltiche, lungo le cui sponde in primavera è tutto un tappeto di fiori. Raggiungendo San Biagio a piedi si può cogliere l’essenza mistica di questo luogo, a metà costa della collina del Castello, tra il verde intenso di cipressi e ippocastani. La chiesetta è di origine molto antica, risalente forse al periodo intorno all’anno Mille. L’aspetto attuale della chiesa può essere fatto risalire alla fine del Trecento o ai primi decenni del Quattrocento, quando i lavori di ristrutturazione e di abbellimento ci hanno consegnato questo piccolo gioiello dalle semplici ma raffinate proporzioni.

Una delle prime descrizioni dell’edificio sacro ci è stata lasciata dal vescovo padovano che il 27 ottobre 1503, come ricorda la lapide posta al lato dell’evangelo, consacrò la chiesa e l’altare maggiore. La chiesetta di San Biagio è un vero e proprio scrigno d’arte in quanto conserva all’interno e all’esterno un importante ciclo di affreschi datati dal Trecento al Cinquecento. Della chiesa più antica rimangono due affreschi con santi nella parete sud-est vicino al presbiterio. I più antichi affreschi presenti nella chiesetta solo quelli di San Biagio e di San Giacomo, raffigurati nella parte verso sud, vicino all’altare e risalenti alla prima metà del Trecento.

Il polittico di San Biagio è una meravigliosa opera d’arte eseguita intorno al secondo decennio del Quattrocento e recentemente assegnata al grande pittore veneziano conosciuto come “Maestro del Dossale Correr, autore del dossale n. 382 conservato nel Museo di Venezia, ma anche della seconda Pala feriale di San Marco. Si tratta di un complesso pittorico e scultoreo costituito da una cornice dorata e cuspidata di forma tardogotica delle dimensioni di 115 x 202 centimetri, suddivisa in sette scomparti con al centro la splendida statuetta lignea di san Biagio vescovo benedicente e ai lati sei tavolette dipinte su fondo oro. Le sei tavolette lignee, di squisita fattura, rappresentano i santi venerati a Grumolo da secoli: a sinistra di san Biagio i santi Pietro, Giacomo e Bartolomeo e a destra i santi Matteo, Andrea e Antonio abate. È attualmente esposto, per motivi di sicurezza, presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena di Grumolo Pedemonte.

VILLA GIUSTI SUMAN di proprietà del Comune di Zugliano è sicuramente l’edificio storico più notevole di Zugliano per l’importanza architettonica e artistica e per la presenza di un interessante ciclo di affreschi nel piano nobile e di una facciata riccamente lavorata. La villa fu costruita nel 1400 dai nobili Zoiano e più volte rimaneggiata nei secoli, assunse l’attuale aspetto scenografico alla fine dei seicento. La facciata più importante del complesso è quella rivolta a sud verso la corte interna, chiusa nel lato ad est delle scuderie e un tempo anche da rustici e da colombare, ma anche verso la via principale che da Thiene passando per le Fontane e la Crosara portava a Lugo e Calvene. La villa si mostra ancor oggi alla pianura e al paese con le sue dimensioni imponenti e con i movimenti lievi ma d’effetto del prospetto, coronato dal timpano e dalle statue, e totalmente ricoperto da marmorino ma anche da stucchi e affreschi di rilievo. L’edificio è stato recentemente oggetto di una complessa opera di ristrutturazione e restauro.

( L. 272 )

Attività 2014

attività 2014

SALVIAMO IL POZZO DEI CONTI SANGIOVANNI
SALVIAMO VILLA MIARI

 

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