[432] 1921: ITALIA NEL CAOS
scioperi, occupazioni e disagio sociale
Quando il fragore delle armi cessΓ² nel 1918, lβItalia non trovΓ² la pace, ma unβagonia silenziosa. Il paese era stremato, con cittΓ sventrate dai bombardamenti, campagne impoverite e unβeconomia in ginocchio. Ovunque si respirava lβodore acre della miseria e della disperazione. La popolazione si aggrappava alla speranza di un futuro migliore, ma la realtΓ restituiva solo disillusione. Le istituzioni, deboli e frammentate, faticavano a rispondere alle necessitΓ urgenti del paese, lasciando spazio a nuovi movimenti politici che cercavano di capitalizzare il malcontento.
I reduci rientrarono nelle loro case, convinti di essere accolti come eroi. Ma la nazione per cui avevano rischiato la vita sembrava averli dimenticati. Le promesse fatte durante il conflitto si rivelarono vuote: non cβerano terre da distribuire, nΓ© impieghi garantiti. Molti, incapaci di reinserirsi nella societΓ , si abbandonarono alla rabbia e alla frustrazione. Questo sentimento di abbandono e tradimento alimentΓ² la nascita delle prime squadre dβazione fasciste, composte proprio da quegli uomini che, dopo aver imparato la violenza in trincea, non riuscivano piΓΉ a farne a meno.
Il disagio era particolarmente forte tra i giovani che non riuscivano a immaginare un futuro stabile. Lβinflazione galoppante erodeva i risparmi, e i prezzi dei beni di prima necessitΓ aumentavano vertiginosamente. Per molti ex soldati, la disillusione si trasformΓ² in violenza politica, alimentando tensioni che avrebbero segnato il decennio successivo.
Il malcontento serpeggiava in ogni angolo del paese. Operai e contadini, stanchi di lavorare per una miseria, iniziarono scioperi e occupazioni di fabbriche e terreni. Le proteste si moltiplicarono: da Milano a Torino, da Bologna alla Sicilia, le folle si riversavano per le strade, chiedendo giustizia sociale e migliori condizioni di vita. Gli industriali e i proprietari terrieri, spaventati dalla forza delle proteste, chiesero protezione allo Stato, ma il governo era troppo fragile per intervenire con fermezza.
I sindacati acquisirono sempre piΓΉ potere, mentre gli scioperi coinvolgevano intere cittΓ . Gli scontri tra manifestanti e forze dellβordine divennero allβordine del giorno, trasformando le strade in veri e propri campi di battaglia. Nel biennio rosso (1919-1920), le occupazioni di fabbriche raggiunsero lβapice, e molti temevano che lβItalia stesse per precipitare in una rivoluzione simile a quella russa del 1917.
Anche Montebello, una piccola comunitΓ apparentemente lontana dai grandi sconvolgimenti politici, fu travolta dal caos del dopoguerra. Qui la tensione si manifestΓ² nelle campagne, tra incendi di fienili, scioperi e furti sempre piΓΉ frequenti. Lβapice della violenza fu raggiunto nel 1921, quando un treno diretto Venezia-Milano fu fatto deragliare nella zona della cotrada Fracanzana. Lβincidente provocΓ² la morte del macchinista e ferΓ¬, in modo grave, cinque passeggeri. La notizia si diffuse rapidamente, aumentando il senso di insicurezza e paura.
Nel frattempo, la criminalitΓ divenne un problema quotidiano. Tra maggio e agosto dello stesso anno, Montebello assistette a una serie di episodi di sangue: un giovane fu ucciso durante un furto, un carabiniere perse la vita in uno scontro a fuoco con una banda di rapinatori. La popolazione, disorientata, si chiedeva se il paese sarebbe mai tornato a conoscere la pace.
In un clima di crescente instabilitΓ , anche la religione divenne bersaglio di violenze e atti di dissacrazione. A Montebello, una croce venne data alle fiamme, un negozio di un esponente cattolico devastato e una processione religiosa interrotta da manifestanti anticlericali. La lotta non era piΓΉ solo politica ed economica, ma si estendeva al tessuto piΓΉ profondo della societΓ , mettendo in discussione valori e tradizioni secolari.
Nel frattempo, il fascismo cresceva. Le squadre dβazione iniziarono a reprimere con la violenza le proteste operaie e contadine. Gli scontri tra socialisti e fascisti si fecero sempre piΓΉ frequenti e cruenti, contribuendo a un clima di paura e incertezza che avrebbe presto portato alla Marcia su Roma.
Tra il 1919 e il 1922 Montebello visse una delle fasi piΓΉ critiche della sua storia moderna. Il paese era un campo di battaglia tra ideologie opposte: socialisti e comunisti da un lato, nazionalisti e fascisti dallβaltro. LβItalia era diventata una polveriera pronta ad esplodere, la paura di una rivoluzione bolscevica, come quella avvenuta in Russia, spinse la borghesia e i ceti medi a cercare unβalternativa che garantisse ordine e sicurezza. Fu in questo contesto che Benito Mussolini, con il suo movimento fascista, iniziΓ² a guadagnare consenso, presentandosi come il solo in grado di riportare stabilitΓ .
Nel 1922, la Marcia su Roma segnΓ² la fine di questo periodo turbolento e lβinizio di una nuova era: quella del regime fascista. Mussolini e i suoi sostenitori riuscirono a prendere il potere sfruttando il malcontento diffuso, la paura della rivoluzione e lβincapacitΓ del governo liberale di affrontare la crisi. Da quel momento, lβItalia avrebbe conosciuto ventβanni di dittatura, guerra e repressione.
Il primo dopoguerra non fu dunque un periodo di ricostruzione, ma una lenta e dolorosa discesa verso una nuova era di conflitti. LβItalia non aveva trovato la pace: si stava solo preparando alla prossima tempesta.
FOTO: Deragliamento del diretto Venezia-Milano nella notte del 5 giugno 1921, nei pressi della contrada Fracanzana (Collezione privata Umberto Ravagnani).
NOTA: Vedi anche l’articolo n. [209] del 26 novembre 2020 “Un deragliamento sospetto“.
BIBLIOGRAFIA: – G. Sabbatucci, “La crisi italiana del primo dopoguerra”, 1976.
– Diario manoscritto di Mons. Antonio Zanellato prevosto di Montebello dal 1919 al 1952 (Archivio parrocchiale di Montebello).
Umberto Ravagnani
Se hai FACEBOOK e l’articolo ti ha soddisfatto metti MI PIACEΒ
Oppure lascia un commento qui sotto…