[197] A PROPOSITO DI VILLA MIARI… Di LINO TIMILLERO – Coniston (AUSTRALIA)
LINO TIMILLERO, emigrato da Montebello in Australia nel 1967, ci ha inviato questo coinvolgente ricordo a lui riferito da una persona che desidera rimanere anonima:
Β«β¦ Avevo cinque anni e, tramite mia zia di Roma che lavorava alle Poste, andai al mare. Con me cβera mia cugina, che aveva otto anni piΓΉ di me. Eravamo a Santa Marinella, vicino a Civitavecchia. Vagamente ricordo che, tutte le sere, piangevo perchΓ© volevo tornare a casa dalla βmiaβ mamma. Verso sera, mi inventavo un male diverso, fino ad arrivare al mal di denti. Mi portarono perfino dal Medico, il quale, dopo avermi visitata, diagnosticΓ² che avevo solo nostalgia di casa. Dopo un mese al mare, tornammo a Roma, a casa degli zii. Anche per loro arrivΓ² il periodo di ferie, cosΓ¬ partimmo tutti assieme per Montebello. Finalmente, quel giorno tanto atteso arrivΓ². Sul treno ero molto contenta e continuavo a chiacchierare. Essendo stata via da casa per parecchio tempo, con la facilitΓ dei bambini, avevo imparato a parlare lβItaliano con lβaccento romano. E lo parlavo anche beneβ¦ a detta di mia zia. Arrivando con il treno da Verona, con il viso schiacciato contro il finestrino, ho riconosciuto il mio Paese. Tutto ad un tratto esclamai: βZia, guarda! La mia Villa!β Cβerano altri passeggeri seduti attorno a noi, che, alla mia esclamazione, si son guardati lβun lβaltro un poβ stupiti. Forse avranno pensato che, dalla cittΓ andavamo in campagna per le vacanze estive. Mia zia, quando me lo rammentava, anche dopo vari anni, mi diceva; βCerto che quella volta ci hai fatto fare una bella figura.β La βmiaβ Villa, era proprio βVilla Miariβ, dove ho abitato, con la mia famiglia, per sette anni.
I miei ricordi sono un poβ confusiβ¦ Gran parte di ciΓ² che scrivo, mi Γ¨ stato raccontato dalla mamma e dalle persone che formavano la mia famigliaβ¦ Avevo allβincirca quattro anni quando, con la mia famiglia, si andΓ² ad abitare in quella grandissima βcasaβ. La grande cucina, sotto la scalinata che porta al salone delle feste, ci ospitΓ² per poco. Quasi subito, ci dovemmo spostare allβultimo piano, dove ci sono le finestre piccole. Per arrivare lassΓΉ, si doveva salire per la βfamosaβ scala a chiocciola di cento scalini. AldilΓ del grande solaio, cβera la nostra porzione di appartamento. A destra un lungo corridoio, a sinistra la porta della cucina e delle due camere. Il pavimento del corridoio era di mattonelle rosse lucide di cera, sopra le quali era stesa, per tutta la lunghezza, una corsia di un materiale indefinito. Di lato trovavano posto un divanetto, una libreria stracolma di libri (mio papΓ amava i libri). Sullo sfondo, vicino alla finestrella, vi era un tavolino rotondo intarsiato, con attorno quattro seggiole imbottite. Alla parete erano appese delle belle stampe incorniciate. Debbo dire che lβeffetto, anche se visto dai miei occhi di bambina, era veramente accogliente. Alcune di quelle cose le conservo ancora oggi a casa mia. DβInverno, purtroppo, dovevamo tener conto anche della stufa della cucina: quando tirava il vento di βTramontanaβ, il camino non tirava bene, il fumo tornava indietro e allora si dovevano aprire le finestre. Gli occhi pizzicavano ed il naso gocciolavaβ¦ Non ricordo se gli anni della mia infanzia fossero feliciβ¦ Ricordo perΓ² tanti bambini, ragazzi ed adulti che abitavano tutti in quella grande casa. I giochi si svolgevano il piΓΉ possibile allβaria aperta. Ed erano: βciupa scondereβ, βciapa e scapaβ: (nascondino e prendi e fuggi). Cβera anche il βGirotondoβ, che si faceva attorno alla fontana, che, purtroppo, non cβΓ¨ piΓΉ. I compiti per la scuola andavamo a farli sul tavolo di pietra che si trovava sotto alla βPegnaraβ (Pino marittimo). Si accompagnavano al tavolo rotondo quattro sedili di pietra, sui quali ci si poteva sedere anche in due per ognβuno, tanto erano comodi. Mio fratello piΓΉ giovane, e lo rammento come fosse adesso, si arrampicava sugli alberi. Ed io lo guardavo da sotto, non trovando il coraggio per salire anchβio. E quando si andava a βrubareβ lβuva da tavola nellβorto coltivato dal custode della Villa. Sempre in due o tre. Da sola non mi sarei mai azzardata. Quando, dβInverno, non si poteva stare fuori, i giochi si spostavano nel grande solaio. Mio papΓ , perlopiΓΉ per riparare dal freddo, aveva messo come un divisorio di telo bianco. CosΓ¬ noi bambini giocavamo a fare le ombre cinesi. Si faceva a gara nel fare ed indovinare le figure piΓΉ strane. Qualche volta preferivo giocare anche da sola. In cucina, prendevo dei legnetti che servivano per accendere la stufa, li mettevo sul pavimento e formavo dei rettangoli. Per me erano i banchi della scuola. Ed io facevo da Maestra a dei bambini immaginari. Una volta, io, mio fratello piΓΉ piccolo ed unβaltra bambina che abitava nello stesso piano, ci siamo affacciate alla finestrella senza protezione del solaio. La mamma della bambina ci vide! Venne verso di noi piano-piano. Ci afferrΓ² per le gambe e ci tirΓ² con forza lontano dalla finestrella. E ci sculacciΓ² di santa ragione. Quando raccontai a mia mamma lβaccaduto, prendemmo il βrestoβ anche da lei! Fatto che, anche oggi giorno, non posso scordare! Forse la cosa piΓΉ bella di quel periodo trascorso a βVilla Miariβ era il vivere in comunitΓ , aiutandoci lβun lβaltro senza alcun senso di mancanza di rispetto. Proprio come se fossimo una grande famiglia. Scendevamo al paese per prendere il pane: chi da un fornaio e chi dallβaltro. E ci aspettavamo per andare a Messa del fanciullo alla Domenica. Per quanto riguarda le βfeste da balloβ, a noi piccoli era assolutamente proibito entrare. PerΓ², senza essere visti, andavamo a spiare dalle finestre semi-chiuse. Oppure, ci accontentavamo di ascoltare la musica. Non desidero elencare i nomi delle dodici famiglie che abitavano in Villa. Vorrei solo ricordare la βPinotaβ. Una signora che viveva da sola nel sotterraneo. Era magrissima, coi capelli neri. Bianca di carnagione, come un lenzuolo appena lavato. A noi bambini incuteva un poβ di pauraβ¦ Veniva presa di mira dai ragazzi piΓΉ grandi che le facevano i dispetti. Se dovessi ricordare βVilla Miariβ con una canzone, sarebbe: βCasa Biancaβ cantata da Marisa Sannia. Trascrivo solamente lβultima strofa: βE la bianca casa che mai piΓΉ io scorderΓ² mi rimane dentro il cuore con la mia gioventΓΉ che mai piΓΉ ritornerΓ β¦ ritornerΓ β.
Quando tornai ad abitare in Via V~~~~, la via dovβero nata, avevo circa undici anni. Lβedificio dove abitavo con la mia famiglia era nei pressi del panificio, appena giΓΉ dal Ponte del Marchese. Ricordo che ero contenta perchΓ© avevo la mamma sempre vicina, cosa che prima non era possibile per varie ragioni che non comprendevo. Su in Villa perΓ², era rimasto il nostro gatto Lolo. Dopo le nostre ripetute richieste, un giorno mio fratello andΓ² a prenderlo. Lo mise dentro una borsa e lo portΓ² a casa. Alla quale, con fatica, il gatto si abituΓ². Circondato dal nostro affetto e dalle nostre βcoccoleβ, Γ¨ vissuto con noi per parecchi anni. Ad allietare il nostro vivere quotidiano, hanno fatto la loro parte anche il cane Ricky, il canarino Titti ed il pesce rosso Pippo. Su in Villa non tornai per molto tempo. Ero presa da tutte quelle nuove cose che la vita offriva ad una ragazzina curiosa comβero io. Feci nuove amicizie con le famiglie che abitavano nelle corti contigue, verso i prati e lungo la Via V~~~~. In particolare, ricordo la signora Maria che mi insegnΓ² a lavorare a maglia. Quando sbagliavo, dovevo disfare tutto. Questo mi Γ¨ servito molto per imparare bene ed Γ¨ la causa, credo, del mio continuo ricordo di tale signora. Tra ragazze, giocavamo sui prati dietro le case: a rincorrerci, a girare su se stesse a braccia aperte. Fino a quando al testa girava e ci si doveva sdraiare sullβerba per non cadere a causa del giramento di testa. Alcuni pomeriggi li trascorrevamo sedute sotto lβombra di un βmoraroβ a raccontarci pettegolezzi oppure a leggere. Ricordo le passeggiate sui prati, a badare le mucche che pascolavano, colΓ , sospinte da Tito (Rosa Maria). Ora, tutto questo Γ¨ cambiato. Ora ci sono case fino a sotto lβargine, (Via Trieste e Via Venezia). Ed i Prati sono diventati un grande quartiere attraversato dalle Vie con i nomi dei fiumi italiani (Via Po, Via Adige, Via Tevere, Via Arno, Via Brentaβ¦). Poco lontano da dove abitavo, cβera il convento delle Suore Canossiane. Andavo spesso da loro perchΓ© avevano a convitto due ragazze che frequentavano la Scuola Media con me. Ma, dopo aver abitato cosΓ¬ a lungo allβultimo piano di βVilla Miariβ, la grande novitΓ era di aver tutto a portata di mano: il panificio, lβedicola, il βcasolinβ, il calzolaioβ¦ A camminare perΓ² non ho mai rinunciato. Ero ben allenata, dati i continui andirivieni dalla Villa. E poi, quandβero un poβ piΓΉ grande, ero nel Gruppo del C.A.I. e partecipavo alle gare di marcia. Un giorno di qualche anno fa, assieme a mio marito, abbiamo fatto il giro del Castello. Passando accanto alla Villa, un poβ ansiosa, siamo saliti per la gradinata che porta allβingresso. Il cancello era chiuso, ma si poteva vedere tutto. Mi si Γ¨ stretto il cuore nel constatare lo stato di abbandono in cui era ridotta. Continuando il nostro cammino, abbiamo incontrato una mia amica che tornava dal Castello in direzione opposta. Le raccontai dello stato in cui avevo appena visto la Villa e lei, incuriosita, ci invitΓ² a tornare indietro a dare unβaltra occhiata. Dal portone di lato, riuscimmo ad entrare. Avevamo un poβ di paura perchΓ© certe voci dicevano che cβerano dei cani lasciati liberi. Passo dopo passo, salimmo la scalinata principale, davanti al grande salone dβentrata. Non accenno a quel che abbiamo visto. Ci sono delle fotografie su βFacebookβ, che dicono chiaramente lo stato in cui Γ¨ βVilla Miariβ al giorno dβoggi. E lo si puΓ² capire molto meglio di una mia descrizione! Mentre, dal portone di lato, guardavo lo spazio antecedente la Villa, con mio marito e la mia amica accanto, udivo, come da lontano, un vocio di bambini, delle risate e dei gridolii come se, veramente, ci fossero dei bambini che giocavano a rincorrersiβ¦ Sembrava che tutte le famiglie fossero ancora al medesimo appartamento che abitavano tanti anni or sonoβ¦ Per me, nonostante lβabbandono del luogo, fu una specie di visione che mi ricolmΓ² di gioia e mi fece provare una grande emozione. Difatti, sulla via del ritorno, mi trovai con gli occhi lucidi: in pochi istanti, avevo rivissuto la mia vita di bambina. Qualche giorno dopo, venne a farci visita mio figlio con la sua famiglia. Dopo pranzo, chiesi ai miei nipoti se volevano visitare il luogo dove aveva abitato la loro nonna da bambina. E cosΓ¬ ritornammo su in Villa. Spiegai loro che non era cosΓ¬ mal ridotta quando vi abitavo. Mio nipote, perΓ², esclamΓ²: βNonna, ma tu non eri povera se abitavi in questa Villaβ. Sono saliti con me sulla scala a chiocciola dai cento gradini e, arrivati sul solaio, non si potΓ© procedere perchΓ© cβera un grande buco nel mezzo del pavimento. I miei nipoti capirono subito la situazione e, senza alcuna domanda, cominciarono a scendere la scala a chiocciola dai cento gradini. Dalla finestra del bagno della casa dove abito con mio marito, riesco ad intravedere, pur se nascosta dagli alberi, βVilla Miariβ. Proprio dal lato dove abitavo con la mia famiglia. E la guardoβ¦ La vedo sola ed abbandonataβ¦ Per me, ora, Γ¨ βVilla Malinconicaββ¦ ChissΓ se le cose cambierannoβ¦ ChissΓ se tornerΓ ad essere βvivaββ¦ Questo Γ¨ il mio augurioβ¦ Con tutto il cuoreβ¦! Β»
Come raccontata a Linus Downunder da persona che desidera rimanere Anonima (Italy 23-9-2019) – Lino Timillero Coniston 6-10-2019 Saint Brianβs day (San Bruno).
Foto: Due suggestive immagini di VILLA MIARI all’epoca dei fatti narrati (rielaborazione digitale Umberto Ravagnani).
Umberto Ravagnani
Se questo racconto ti ha regalato un’emozione vota laΒ VILLA MIARIΒ nel sito delΒ F A I – FONDO AMBIENTE ITALIANO. Tutti insieme possiamo salvarla! |
Se hai FACEBOOK e l’articolo ti ha soddisfatto metti MI PIACEΒ
Oppure lascia un commento qui sotto…